C’è un momento, durante un funerale, in cui il silenzio si fa più intenso, qualcuno si alza, si schiarisce la voce, e comincia a parlare. Chi ascolta trattiene il fiato, pronto a lasciarsi toccare da parole accurate, capaci di tratteggiare il ricordo della persona defunta. La voce si incrina, gli occhi si velano, un fazzoletto scivola fuori da una tasca.
È l’elogio funebre, o discorso funebre, lo spazio delicato e potente in cui chi resta prova a onorare chi non c’è più, a farne memoria, ricordo condiviso.
Vediamo come fare per scriverne uno che tocchi il cuore di chi ci ascolta.
Cos’è e perché è importante un discorso funebre
Un discorso funebre non è solo una formalità, ma è un gesto molto umano e profondo che serve a condividere il dolore, a creare un ponte tra la vita di chi ci ha lasciato e il nostro essere lì, in quel momento. È un ricordo che possiamo portare con noi, che ci farà compagnia nei giorni a venire, quando inizierà il compromesso tra il dolore e la quotidianità.
A differenza del necrologio, che ha un tono informativo e formale, e che troviamo sul giornale o in contesti specifici, l’elogio funebre è personale, intimo e spesso commovente.
Non ci sono regole codificate che devono essere rispettate nello scrivere un elogio funebre, ma non per questo si può improvvisare. Servono attenzione e la capacità di scegliere cosa dire e come dirlo, perché quelle parole restano nei cuori di chi ascolta, e spesso diventano parte del modo in cui una persona verrà ricordata.
Come scrivere un elogio funebre: guida passo passo
Anche se il momento è difficile, perché ci sono tante cose da fare, perché siamo turbati e abbiamo sentimenti e pensieri che si affollano nella mente, se vogliamo scrivere un elogio funebre commovente e significativo, dobbiamo riservarci alcuni istanti per riflettere e comporre il nostro ricordo.
Vediamo come fare.
Preparazione: raccolta di ricordi e testimonianze
Lasciandoci guidare dalle emozioni, per prima cosa richiamiamo alla mente ricordi preziosi, aneddoti significativi e ogni altra cosa ci abbia colpiti della persona a cui dedichiamo l’elogio.
Cerchiamo di tenere a mente che:
- non dobbiamo parlare solo degli ultimi giorni di vita di chi ci ha lasciato, perché la persona non è la malattia che l’ha colpita o l’incidente di cui è stata vittima. È molto di più, e possiamo tratteggiarne un ritratto fatto di momenti belli, di piccole debolezze, di abitudini e qualche stranezza;
- come accade anche quando si scrive un libro autobiografico, non importa aver avuto vite straordinarie perché ci sia qualcosa di significativo da raccontare, ognuno di noi vive momenti degni di essere narrati: un pensiero particolare, un gesto spontaneo, un atto di generosità, un traguardo raggiunto sono già sufficienti per scrivere un elogio funebre.
Se non riusciamo a individuare qualcosa che ci sembri significativo, possiamo farci aiutare da altri parenti e amici, per collezionare ulteriori ricordi da cui attingere o arricchire il discorso con altre testimonianze.
Struttura consigliata: introduzione, corpo centrale, chiusura
Anche se non è un compito in classe o un discorso istituzionale, l’elogio funebre dovrebbe comunque avere una struttura, come ad esempio questa:
- Introduzione: in cui ci si presenta, anche indirettamente, e si fa entrare chi ci ascolta nei nostri pensieri e sensazioni.
- Corpo: in cui si condividono aneddoti, tratti distintivi, valori, momenti significativi.
- Conclusione: un saluto finale, una frase di speranza, un ringraziamento.

Come iniziare un elogio funebre
Approfondiamo meglio questo aspetto perché iniziare a scrivere un elogio può sembrare semplice, soprattutto se conoscevamo bene la persona di cui vogliamo parlare, ma spesso non lo è. Abbiamo tanti ricordi, tante cose da dire: aneddoti, qualità, momenti condivisi, il dolore della perdita.
Eppure, quando ci si mette a scrivere, non è raro sentirsi bloccati. Da dove cominciare? Cosa scegliere tra tutto quello che affiora alla mente?
In questi casi, il modo migliore di orientarsi è partire da noi stessi, da ciò che quella persona è stata per noi, dal segno che ha lasciato nella nostra vita.
Perché, in fondo, un elogio funebre non è solo un discorso su chi non c’è più, ma è il nostro punto di vista su di lui o lei. È un racconto filtrato dai nostri sentimenti, dai nostri pensieri, da ciò che ci ha legati. È la nostra voce che, per un momento, si fa memoria.
Possiamo quindi partire con una frase come: “Non è facile trovare le parole giuste, ma proverò comunque a raccontare chi era davvero…” proseguendo con qualcosa che fin da subito caratterizzi la persona di cui stiamo parlando.
In alternativa possiamo scegliere le parole di una poesia o di una canzone amati dal nostro caro.
Scelta del linguaggio e del tono adatto
Il linguaggio e il tono dell’elogio funebre devono rispecchiare sia la persona scomparsa sia il rapporto che avevamo con lei. Anche il contesto in cui si terrà la cerimonia ha un peso importante nella scelta delle parole: un linguaggio adatto in una cerimonia familiare può risultare fuori luogo in un funerale istituzionale, e viceversa.
Un elogio può contenere riferimenti ironici, capaci perfino di strappare un sorriso affettuoso, se il contesto e la personalità del defunto lo permettono. Non è necessario che il discorso sia sempre solenne o struggente, ciò che conta davvero è che sia autentico, sentito, e che celebri in modo sincero la vita che è stata vissuta.
Un linguaggio semplice e diretto, senza enfasi eccessive, aiuta a comunicare in modo efficace ed empatico. L’importante è riuscire a tratteggiare una figura vera, complessa, fatta di affetti, valori, debolezze e tratti distintivi.
Per orientarsi nella scelta dello stile, può essere utile considerare che:
- un linguaggio formale è adatto per contesti pubblici o istituzionali, dove è richiesto un tono più sobrio e distaccato;
- un tono più personale e intimo va bene per cerimonie familiari, dove è possibile lasciar emergere con più libertà le emozioni e i ricordi condivisi;
- un umorismo delicato, se è appropriato, può aiutare a restituire tratti autentici della persona e offrire un momento di tenerezza;
- inserire una riflessione e un ringraziamento nella chiusura consentono di salutare con rispetto e lasciare un messaggio che accompagni chi ascolta anche dopo la cerimonia.
Infine, se il contesto lo consente e sentiamo di riuscire a leggerlo, possiamo anche scrivere un elogio funebre rivolgendoci direttamente alla persona defunta, come se fosse una lettera aperta, che comunica intimità ed emozione.
Equilibrio tra dolore e celebrazione della vita
Non dobbiamo negare il dolore, ma un elogio funebre è anche celebrazione di una vita vissuta.
Per questo, il nostro racconto dovrebbe trovare un equilibrio tra questi due aspetti, riconoscendo la perdita ma anche restituendo la ricchezza di ciò che è stato.
Se però ci sentiamo sopraffatti dalle emozioni, se le parole non arrivano e fatichiamo a scrivere o a distaccarci dal momento che stiamo vivendo, possiamo affidarci a un o una ghostwriter, che grazie alla sua empatia ma anche al minor coinvolgimento, può accompagnare con delicatezza e lucidità la scrittura dell’elogio funebre, rispettando sempre il tono personale e l’autenticità del legame.
Se senti che potrei esserti d’aiuto, scrivimi: risponderò con attenzione e in tempi brevi.
Errori comuni da evitare quando si scrive un elogio funebre
Anche se, come abbiamo visto, non esistono regole rigide, ci sono comunque alcuni accorgimenti utili per evitare scivoloni che potrebbero compromettere il senso del nostro discorso. Vediamone alcuni.

- Essere troppo prolissi: meglio non ripetere gli stessi concetti. Una volta detta una cosa con chiarezza, non serve ribadirla.
- Parlare troppo di sé: anche noi e il nostro vissuto siamo presenti nell’elogio, ma non ne siamo i protagonisti. Cerchiamo di lasciare spazio al ricordo della persona cara, ponendoci idealmente accanto a lei.
- Raccontare dettagli troppo intimi: scegliamo aneddoti che non mettano a disagio chi ascolta e che, verosimilmente, la persona scomparsa avrebbe apprezzato fossero condivisi. Il resto può rimanere nei nostri ricordi personali.
- Usare cliché o un linguaggio artificiale: è preferibile dire qualcosa in meno, ma con autenticità, piuttosto che ricorrere a formule generiche che andrebbero bene per chiunque.
- Toccare temi controversi o divisivi: non è questo il momento per sollevare polemiche o alimentare tensioni. L’intento è creare un’occasione di condivisione, di ascolto e di vicinanza.
- Regolare conti in sospeso: anche se il rapporto con la persona defunta è stato complicato, non è il discorso funebre il luogo per affrontare nodi irrisolti. In alcuni casi, il silenzio può essere una scelta rispettosa: ci saranno altri momenti, più adatti e privati, per fare chiarezza con sé stessi.
Esempio di elogio funebre per varie situazioni
Ogni discorso funebre nasce da un legame unico e da un contesto specifico. Ecco alcuni spunti su come si può impostare un elogio, a seconda del tipo di relazione o del ruolo della persona scomparsa.
Elogio per un genitore
Si ha tantissimo da raccontare su una madre o un padre, ma a volte è sufficiente un dettaglio per restituire la presenza di chi ci ha cresciuti, amati, protetti, messi in discussione o lasciati liberi. Ogni relazione è unica: scegliere cosa dire significa anche onorare quella specifica storia.
Elogio per un amico o collega
Si può raccontare un episodio che restituisce lo spirito con cui viveva il quotidiano: l’ironia, la professionalità, la lealtà. Anche un piccolo aneddoto condiviso può diventare simbolo di una relazione sincera.
Elogio per una figura pubblica
Qui il tono è più formale. L’accento può essere posto sull’impatto che ha avuto nella comunità, sul contributo dato e sul segno che lascia nelle persone che l’hanno conosciuta, direttamente o indirettamente.
Differenze tra cerimonia religiosa e laica

Nelle cerimonie religiose, l’elogio funebre si inserisce in un rito con regole precise, tempi definiti e uno sfondo spirituale specifico. È opportuno mettersi d’accordo con il celebrante per capire se e quando è possibile leggere un ricordo personale.
Nel caso del rito cattolico, si possono anche scegliere, sempre insieme al celebrante, le letture della Messa tra quelle previste dalla liturgia, per trovare parole che rispecchino al meglio la persona.
Nelle cerimonie laiche c’è in genere maggiore libertà: si può costruire un rito su misura, scegliere parole, musica, gesti che raccontino davvero chi è stato chi non c’è più. Anche in questo caso, però, è bene ricordare che la cerimonia, pur priva di un riferimento religioso, è comunque un momento condiviso e collettivo e siamo parte di una comunità che si raccoglie intorno a un’assenza.
Elogio funebre commovente: come toccare il cuore di chi ascolta
Un elogio funebre è commovente non quando forza le emozioni, ma quando resta autentico. A toccare il cuore di chi ascolta sono le parole semplici, vere, che nascono dal nostro rapporto con la persona scomparsa.
Gli aneddoti concreti, quelli che raccontano episodi reali e familiari, aiutano a costruire un ponte tra chi parla e chi ascolta, evocando immagini, risate, commozione condivisa.
Non serve essere scrittori per fare un buon discorso, basta trovare il tono più adatto, inserire qualche pausa ben scelta, e formulare frasi che offrano conforto e, se possibile, uno sguardo di speranza, anche piccolo, anche solo accennato.
Se siamo in grado di offrire ai presenti un punto di vista nuovo e consolatorio, allora avremo tra le mani un grande discorso.
Supporti visivi e letture alternative
Oltre alle parole, anche altri elementi possono rendere l’omaggio ancora più personale e sentito.
Fotografie, oggetti simbolici, musiche scelte con cura possono evocare ricordi e restituire, con delicatezza, un frammento della presenza di chi non c’è più.
È importante però che ogni scelta (immagini, testi, musica, letture) sia in sintonia con la persona scomparsa: non deve essere proposto ciò che piace a noi, ma ciò che lei o lui avrebbe riconosciuto come proprio.
Una canzone amata, una poesia letta spesso, un brano sacro che aveva un significato speciale possono dire più di mille parole, senza bisogno di spiegazioni.
Infine, teniamo presente che l’elogio può essere anche corale, ossia scritto e letto a più voci. Questo è un modo per restituire la molteplicità degli affetti e delle relazioni, e per sentirsi ancora più uniti nel dolore e nel ricordo.

Domande frequenti sull’elogio funebre
In genere, l’elogio funebre viene pronunciato da una persona che ha avuto un legame stretto con il defunto: un familiare, un amico intimo, o anche un collega. Tuttavia, non c’è una regola fissa. Se la cerimonia è religiosa, il celebrante può dire alcune parole di commemorazione, ma il discorso funebre può essere affidato anche a chiunque conosca la persona e desideri renderle omaggio in modo personale
Un elogio funebre non ha una durata prestabilita, ma è importante che sia conciso e mirato. Generalmente, una durata di 5-6 minuti è adeguata, per non dilungarsi troppo e per mantenere alta l’attenzione dei presenti.
La scelta dipende dalle preferenze personali. Leggere un elogio funebre può garantire che tutte le parole siano precise e ben articolate. Tuttavia, impararlo a memoria può aggiungere una nota di intimità e naturalezza, se ci si sente a proprio agio. In entrambi i casi, l’autenticità del discorso è ciò che conta di più.
In genere, è consigliabile scrivere l’elogio funebre in anticipo, per poterlo preparare con calma e riflettere bene sulle parole da dire. L’improvvisazione, seppur spontanea, potrebbe non rendere giustizia alla complessità dei sentimenti e rischiare di risultare confusionaria. Un elogio scritto permette di essere più organizzati e di non dimenticare dettagli importanti.
È del tutto naturale che le emozioni prendano il sopravvento, soprattutto in un momento così intenso. Se dovesse accadere, non c’è nulla di cui vergognarsi: se ci si sente sopraffatti, si può fare una breve pausa per raccogliersi, prendere fiato, asciugarsi le lacrime e poi ricominciare. Se non ci si sente in grado di farlo, si può sempre chiedere a qualcuno di proseguire al nostro posto.
L’elogio funebre come momento per noi e per gli altri
Un elogio funebre ben fatto non è solo un atto di commemorazione, ma un gesto di condivisione con chi sta provando un dolore simile al nostro. Le parole, scelte con cura, sono un modo per tenere viva la memoria di una persona cara, rendendo la sua vita ancora presente tra noi.
Scrivere o pronunciare un elogio ci aiuta anche a fare i conti con il dolore, a dare voce ai nostri sentimenti e a creare uno spazio di riflessione personale. Non dimentichiamoci che, anche se scriviamo per onorare qualcun altro, il discorso che pronunciamo ha una valenza molto importante anche per noi stessi, per affrontare il momento difficile e ritagliarci una pausa nel caos degli impegni pratici.
Se però ci sentiamo sopraffatti o se il compito ci sembra troppo arduo, ricordiamoci che possiamo affidare a qualcuno di fiducia, come una professionista, il compito di ascoltarci e aiutarci a mettere insieme le parole più adatte.
Questo non significa delegare, ma prendersi un momento per parlare in modo empatico della persona che ci ha lasciato. È un’opportunità per non essere soli con il nostro dolore, per parlare in tranquillità, senza fretta, e per esprimere emozioni che, talvolta, possono sembrare difficili da mettere in ordine. Parlare con qualcuno che sa ascoltare senza giudicare, che ci offre la sua disponibilità, può davvero fare la differenza, trasformando la scrittura dell’elogio in un momento di conforto e di elaborazione del lutto.
Scrivimi per saperne di più.