Come scrivere un libro autobiografico

Come scrivere un libro autobiografico

SOMMARIO

Scrivere un racconto o un libro autobiografico è un desiderio che accomuna molte persone, ma in tanti ritengono di non aver vissuto o di non vivere una vita abbastanza originale o “importante” da poterla raccontare tra le pagine di un libro.

La storia dell’autobiografia ci riporta esempi di uomini illustri del passato che si sono cimentati nella scrittura autobiografica e, nell’elenco dei primi sperimentatori di questo genere letterario, le donne sono praticamente assenti. Tuttavia, il pensiero che si debba essere stati condottieri, eroi, pensatori, presidenti, sportivi di successo, santi, navigatori o genericamente uomini per scrivere di sé è ormai superato.

Anche nelle vite apparentemente ordinarie si nascondono germogli di straordinarietà, basta riconoscerli e saperli coltivare con le giuste parole. E ciò vale per uomini e donne senza distinzioni. Le donne, poi, hanno davvero molto da raccontare, perché hanno sempre avuto poco spazio per parlare di sé.

Inoltre, si può decidere di scrivere un’autobiografia anche per compiere un atto di riflessione sulla propria vita, per ripercorrere il passato con una finalità terapeutica. A questo aspetto abbiamo già dedicato un articolo, ma lo riprenderemo anche nelle prossime righe.

Una volta appurato che tutti quanti possiamo raccontare la storia della nostra vita, o una parte di essa, e che questa attività può anche apportarci dei benefici, vediamo adesso come scrivere un libro autobiografico.

Primi passi nella scrittura autobiografica

Prima di iniziare a scrivere è importante porsi alcune domande e fare delle scelte che determineranno il tipo di libro che realizzeremo.

Chiedersi perché scriviamo

Partiamo dal domandarci perché stiamo scrivendo un libro autobiografico.

Le ragioni possono essere molte, tra cui:

  • per scopi terapeutici, come abbiamo già accennato, perché vogliamo osservare la nostra vita da un punto di vista diverso, grazie al filtro della memoria, e darci la possibilità di esternare sentimenti a lungo sopiti o ignorati, ma anche prendere le distanze dal passato al fine di iniziare una nuova vita;
  • perché a un certo punto ci siamo resi conto che anche la nostra vita ha degli elementi di straordinarietà proprio come le altre esistenze di cui leggiamo nei libri o che vediamo nei film e vogliamo raccontarli, sapendo anche di poter essere di esempio per altre persone che si trovano in una situazione simile;
  • per ritrovarci protagonisti della nostra vita e non semplici comparse e soddisfare il desiderio di parlare finalmente di noi.

Scegliere il sottogenere

Autobiografia, memoir, autofiction, diario: abbiamo molte possibilità, ma vediamo quali sono le differenze per fare la scelta più opportuna.

Sono tutti sottogeneri del genere autobiografico e, anche se sono molto somiglianti, hanno delle caratteristiche peculiari che fanno sì che questi termini non siano proprio dei sinonimi.

  • L’autobiografia è il racconto della vita, in ordine cronologico, di una persona di solito illustre o conosciuta, in cui si elencano fatti che possono essere verificabili. Può essere scritta anche da persone non famose che però hanno vissuto eventi che hanno rilevanza dal punto di vista storico, scientifico o altro.
  • Il memoir, o memorialistica, è il ricordo personale, privato di una persona che attinge al suo vissuto per rielaborare un evento dandogli un significato unico e particolare, frutto della sua esperienza e delle sue emozioni. Chiunque può scrivere un memoir dando testimonianza di un’epoca storica, di una vicenda familiare, di un contesto sociale e non serve aver vissuto esperienze particolari per dedicarsi a questa forma di scrittura, perché è la prospettiva di chi rielabora il ricordo a rendere interessante il racconto.
  • L’autofiction è un sottogenere letterario in cui, come nei due precedenti, il protagonista coincide con l’autore perché hanno lo stesso nome e hanno, all’incirca, le stesse caratteristiche, ma quello che viene raccontato non è detto che sia accaduto davvero a chi sta scrivendo. Non si sa quindi quanto la vicenda narrata sia aderente alla realtà o vi prenda solo spunto.
  • Il diario è un tipo di racconto in ordine cronologico in cui i fatti accaduti vengono annotati con un registro intimo e personale, spesso spontaneo, a volte evocativo dell’urgenza di raccontare, oppure del bisogno di rielaborare i pensieri alla luce di quanto è accaduto o non è accaduto nella propria vita. Può avere una forma più letteraria, pensata per essere letta anche da altre persone, oppure essere esclusivamente personale.

Attenzione, infine, a non confondere biografia e autobiografia, perché sebbene sembrino simili sono comunque due generi diversi. La differenza principale sta nel fatto che la biografia racconta la vita di qualcun altro, e di solito lo fa in ordine cronologico.

Chiedersi per chi scriviamo

Il passo successivo è chiedersi se abbiamo intenzione di rendere pubblico il nostro libro e farlo leggere, quindi, anche ad altre persone oppure no.

Se il libro sarà divulgato è bene distinguere tra i potenziali lettori, ossia stabilire se è destinato solo a parenti e amici oppure a chiunque (cioè pubblicato da una casa editrice oppure autopubblicato e venduto su piattaforme come Amazon o IBS).

Questa distinzione serve per capire quale linguaggio utilizzare e il grado di dettaglio a cui scendere.

Se è destinata a un pubblico di persone che conosciamo e con cui abbiamo una storia comune, possiamo permetterci di dare per scontati vari dettagli o gli antefatti degli avvenimenti che raccontiamo. Anche il contesto sociale e geografico non avrà bisogno di eccessive descrizioni, perché noto o condiviso con i lettori.

Se invece i potenziali lettori sono degli sconosciuti si dovrà fare molta attenzione a non omettere dettagli importanti e descrizioni veritiere, esattamente come faremmo in un romanzo di fiction.

Ma può esserci anche il caso in cui l’autobiografia è soltanto per noi, come ad esempio un diario personale, e allora possiamo utilizzare il linguaggio che vogliamo, descrivere quello che più ci piace e omettere tutto quello che non ci va di scrivere. Non ci sono regole e ci si può sentire liberi di esprimerci come meglio crediamo.

Stabilire di cosa vogliamo parlare

Affinché il nostro libro autobiografico sia una vera opera letteraria è necessario che non sia solo un elenco di fatti o di pensieri, ma ruoti intorno a un tema. Con la nostra scrittura trasmettiamo un messaggio ed è necessario avere ben chiaro quale vogliamo che sia.

Potremmo anche voler soltanto parlare di noi stessi, raccontare la nostra vita senza un fine specifico, senza aver pensato a come strutturare il libro, tuttavia dovremmo domandarci per quale motivo una persona dovrebbe voler leggere questa nostra storia. Se non siamo in grado di incuriosire i lettori, probabilmente il risultato non sarà un libro ma una raccolta di fatti e di riflessioni personali, anche di valore, ma prive di una struttura narrativa.

Vediamo come fare affinché tale struttura invece sia presente.

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Strutturare la storia

Struttura in tre atti, viaggio dell’eroe e viaggio dell’eroina sono alcuni degli schemi più classici e più noti a cui possiamo rifarci per impostare la nostra narrazione.

Vediamone una brevissima sintesi.

Struttura in tre atti

La struttura in tre atti è un modello già descritto da Aristotele e che ritroviamo un po’ ovunque, nei libri e nei film. È un tipo di schema che ci è sicuramente familiare e che è composto appunto da tre atti:

  1. il primo atto prevede la presentazione del mondo in cui vivono e si muovono i protagonisti, e dove avviene l’evento scatenante, il colpo di scena;
  2. il secondo atto contiene lo sviluppo centrale della storia, con la crisi, lo svolgimento dei vari conflitti e un secondo colpo di scena;
  3. il terzo atto ha a che fare con la risoluzione, il ritorno alla normalità, anche se il mondo risulta trasformato rispetto a come era stato presentato nel primo atto.

Viaggio dell’eroe

Il viaggio dell’eroe è la teoria narratologica che Christopher Vogler ha elaborato nel libro che si intitola, appunto, Il viaggio dell’eroe, e che si rifà agli studi sui miti di varie civiltà del mondo di Joseph Campbell e al suo libro L’eroe dai mille volti.

Vogler teorizza e schematizza una serie di passi che l’eroe, ossia il protagonista, deve compiere lungo il proprio cammino e le figure archetipiche che può incontrare, come il mentore, il guardiano della soglia, o l’ombra. Si parte dalla descrizione del mondo ordinario, ossia la situazione di partenza, e si passa poi alla chiamata all’avventura, le varie prove, l’avvicinamento alla caverna, la prova più importante e la ricompensa.

Anche se sembra una struttura adatta a generi che hanno a che fare con l’avventura o il fantasy, in realtà è molto usato per tutti i tipi di narrazioni.

Viaggio dell’eroina

Il viaggio dell’eroina, teorizzato da Maureen Murdock in risposta alle teorie di Campbell che volevano la donna come meta del viaggio dell’eroe e non come protagonista (del libro o, trattandosi qui di autobiografia, della propria vita), ci presenta un tipo di viaggio in cui l’eroina (che non deve essere necessariamente una donna, ma una persona che non vuole ricalcare gli schemi tipicamente maschili e patriarcali di interpretazione della realtà) va alla ricerca della propria identità.

Questo viaggio è composto da dieci tappe che possono anche non essere affrontate in ordine, e che aiutano nel processo di introspezione, che in ambito autobiografico ha un valore ancora maggiore.

Scegliere il punto di vista

Un libro autobiografico può essere scritto in prima o in terza persona.

Generalmente il memoir è scritto in prima persona, ma non è una regola stringente e ci sono autrici e autori che si sono trovati meglio a ripercorrere il proprio passato narrando in terza persona, soprattutto quando avevano avuto a che fare con situazioni particolarmente traumatiche e parlarne come “io” era troppo doloroso.

Più in generale, il punto di vista da cui si racconta può essere in prima, seconda o terza persona singolare.

La prima persona si ha quando la voce narrante è quella di un personaggio, sia esso il protagonista o un personaggio secondario. Ha il vantaggio di essere più coinvolgente rispetto agli altri punti di vista, ma ha tutte le limitazioni di dover seguire una sola persona e di sapere e vedere solo quello che lui o lei sa e vede.

La seconda persona è quella meno utilizzata e più difficile da gestire, perché è come se il personaggio parlasse a sé stesso dandosi del “tu”. Tra gli aspetti negativi c’è anche il fatto che non risulta molto coinvolgente.

La terza persona è quella che permette maggiore libertà di movimento. Può essere:

  • singola, cioè limitata a un solo personaggio,
  • multipla, cioè seguire pensieri e movimenti di più persone e non di una sola,
  • limitata, quando non entra nella mente di nessun personaggio e quindi quello che possiamo apprendere passa necessariamente da dialoghi e azioni,
  • onnisciente, quando sa tutto, anche ciò che è sconosciuto ai personaggi che compiono le azioni.
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Da chi farsi aiutare per scrivere un libro autobiografico

Abbiamo parlato di molti aspetti tecnici legati a come si fa a scrivere un libro autobiografico e potrebbe sorgere il dubbio che sia un’operazione troppo difficile da fare senza avere conoscenze approfondite di narratologia.

Premesso che un buon modo per imparare a scrivere è sicuramente quello di leggere molto, ci sono anche altre possibilità per non dover rinunciare al proprio progetto, ossia farsi aiutare da qualcuno.

Ma da chi? Da una ghostwriter, che scrive per te e con te, o da una editor.

Quando rivolgersi a una ghostwriter

È abbastanza frequente che io mi trovi ad aiutare le persone a scrivere la loro autobiografia in qualità di ghostwriter, e questo capita nei casi in cui non hanno tempo, non si sentono a loro agio con la scrittura o semplicemente non vogliono farlo e preferiscono che qualcuno scriva al posto loro.

Farsi scrivere il proprio libro autobiografico da qualcun altro non è un controsenso, perché i contenuti, i ricordi e le emozioni sono comunque i propri. Quello che di solito faccio io è dare una forma più narrativa ai pensieri e agli avvenimenti che mi vengono raccontati, ma il viaggio introspettivo e i benefici rimangono tutti alla persona che ha deciso di parlare di sé.

Quando chiedere a una editor

Se invece hai già scritto o vuoi scrivere l’autobiografia di tuo pugno ma non sai se al termine del lavoro il libro risulterà ben strutturato, c’è l’opzione dell’editingun tipo di intervento che si adatta molto bene anche al genere autobiografico.

Se vuoi saperne di più o avere un preventivo gratuito non esitare a contattarmi.

Opzioni di pubblicazione di un’autobiografia

Oltre alle consuete scelte di inviare il proprio manoscritto a una casa editrice oppure autopubblicarsi, quando si ha a che fare con un libro autobiografico si può anche pensare di stamparne qualche copia in una tipografia.

Questa opzione va bene nel caso in cui si tratti di un testo che non vogliamo mettere in vendita ma regalare a qualche parente o amico, o far rimanere in famiglia.

Anche in questo caso affinché si tratti di un bel ricordo sarebbe bene affidarsi a un editor, che darà i propri suggerimenti, non tanto per arrivare a una struttura narrativa particolarmente accattivante (visto che non si tratta di un’opera letteraria da vendere ma di un caro ricordo personale), ma affinché abbia una forma piacevole e rispecchi l’intento per cui il libro autobiografico è stato scritto: arrivare al cuore di chi lo leggerà.

Teniamo presente che anche se il libro verrà stampato in tipografia, è necessario che sia impaginato e venga realizzata una copertina, come nel caso del self-publishing.

Aspetti legali

Quando decidiamo di scrivere un libro autobiografico scegliamo consapevolmente di parlare di noi, svelando dettagli intimi e personali nella misura in cui riteniamo opportuno farlo, cercando di essere sempre sinceri.

Ma se nel racconto compaiono anche altre persone, dovremmo essere sicuri che siano d’accordo a essere nominate, descritte o che vengano raccontati aneddoti di cui fanno parte anche loro.

Chiedere il consenso è sempre una buona idea, soprattutto se si ha intenzione di pubblicare il manoscritto, e anche farlo leggere prima della divulgazione può essere un buon accorgimento.

Questo vale anche nel caso in cui parliamo bene di qualcuno, perché non è detto che quello che a noi sembra positivo lo sia anche per gli altri.

Cambiare i nomi delle persone o sacrificare la “verità” (concetto peraltro sfuggente quando si parla di autobiografia, perché c’è sempre di mezzo il filtro dei ricordi) modificando alcuni aneddoti potrebbe metterci al riparo da possibili violazioni della privacy, senza il rischio di scivolare nell’autofiction.

L’atteggiamento migliore è comunque sempre quello di rivolgersi a uno studio legale esperto di tematiche editoriali e lasciarsi consigliare.

Ricapitolando

Se vuoi scrivere un libro autobiografico di successo devi decidere a quale sottogenere appartiene (autobiografia, memoir, autofiction, diario), stabilire se utilizzare la prima o la terza persona singolare, quale struttura narrativa seguire.

Si può anche non pianificare ma andare d’istinto, tuttavia per essere sicuri della buona riuscita è bene possedere qualche infarinatura sulle tecniche di scrittura o aver letto molti libri e riuscire a riproporre una trama solida in modo spontaneo, avendo assimilato bene dagli altri scrittori e scrittrici come si fa.

In alternativa, è possibile rivolgersi a una ghostwriter nonché editor che aiuti nella stesura o nella rielaborazione del libro, preparandolo per la pubblicazione o l’invio alle case editrici.

Contattami facendo clic sul bottone qui sotto, oppure inviami le prime 5 pagine della tua autobiografia per una consulenza gratuita. Ti aspetto!

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